26 giugno 2008

una ragione per credere




oggi su tutti i notiziari immagini del concerto milanese di Bruce Springsteen. Ovviamente dispiegato tutto l'armamentario della banalità telegiornal-musicale. Io prendo lo spunto per ricordare quel 21 giugno del 1985 con i miei amici per il primo concerto italiano del Boss, all'epoca in cui ancora una canzone poteva salvarmi la vita. E l'epica stradaiola, la retorica dei bassifondi con il suo universo di perdenti, assomigliava a quello di molti (altro mio cult dell'epoca fu Tom Waits) ma a me piaceva la profonda tenerezza del suo sguardo e la disarmante onestà (assolutamente americana) della sua poetica. Più o meno da quel tempo ha smesso di dirmi qualcosa d'importante, ma voglio cogliere l'occasione per dirgli che anche a me, come a molti altri ha regalato in tempi bui a reason to believe. Per cui, in enorme ritardo, grazie ancora Bruce!

24 giugno 2008

1980









dai, indovinate i nomi, facile facile...

22 giugno 2008

Una banale straordinarietà


Sono nella posizione migliore per osservare: ultimo banco a sinistra, ultimo posto incastrato tra il muro ed il confessionale. Davanti a me circa duecento persone gremiscono la chiesa di quartiere, è una domenica mattina con temperatura gradevole, e mi predispongo di buon grado ad onorare il battesimo dei gemellini figli di un mio carissimo amico. Ma c'è qualcosa che non quadra, non ho ancora capito cosa, ma una strana inquietudine si fa strada gradualmente nel mio stato d'animo. Ci sono: chi è l'unico imbecille vestito di tutto punto con completino in lino blu scuro, camicia azzurra e cravatta? Ma io naturalmente! Unico su un centinaio circa di uomini agghindati con tutte le combinazioni possibili tra camicie a maniche lunghe, corte, un po' lunghe e un po' corte, a colori, a disegni stampati oppure, per i più giovani, magliette con le scritte belle grandi. Nell'indecisione se sentirmi un baluardo della civiltà occidentale o un imbecille ancora una volta inadeguato alle circostanze, vago disperatamente con lo sguardo di fila in fila. Possibile? Neanche un completo verde pistacchio con camicia rosa e cravatta gialla? Beh, dov'è finita l'etichetta, il semplice rispetto per la gioiosa sacralità di un battesimo? Dov'è il rispetto del luogo e del momento che è anche rispetto per se stessi? Che, siamo al mercato? L'idea di scacciare i mercanti dal tempio a pedate nel sedere mi sfiora in un brivido di perverso piacere, ma dato l'ingombrante precedente storico, recedo dal mio intento. Improvvisamente sento una gran voglia di messa in latino, inginocchiatoi scomodi, digiuni e cilicio. Ovviamente da buon non credente, sono animato da un profondo rispetto per la religiosità e per la tradizione... dunque m'indigno: oddio, non starò mica diventando Giuliano Ferrara? Come se non bastasse, la cerimonia è “allietata” da un'allegra combriccola di schitarratori che hanno la bella pensata di grattuggiare le corde delle chitarre di tanto in tanto, producendosi in stacchetti da serata dei Telegatti. Tra me e me invoco un ritorno della pena di morte, per i casi più efferati s'intende, come appunto le schitarrate a messa. Niente, niente... no ecco, non tutto è perduto... nelle primissime file... un signore distinto e serenamente distaccato: sfoggia un dignitoso abito con dignitosa cravatta, ecco, lo riconosco: è un signore di antica borghesia liberale, mio fratello nel grande oceano di sciatteria multicolore, e la nostra banale straordinarietà mi consola.




15 giugno 2008

speranza...


Nell'uomo, come nel mondo, l'autentico è sempre in sospeso, in attesa,
sempre nel timore di venire vanificato,
sempre nella speranza di riuscire.

Ernst Bloch



11 giugno 2008

finalmente!


Ci sono film solo belli e ci sono film anche importanti: Gomorra appartiene a questa seconda categoria. Non so da quanto tempo in italia non ne veniva prodotto uno così, tutt'al più abbiamo avuto bei film "minori", tutti invariabilmente etichettabili come "italiani" con tutto ciò che questo significa: Gomorra ha il merito di parlare un linguaggio filmico per niente "territoriale" a dispetto dell'ambientazione e dei dialoghi sottotitolati, con attori formidabili guidati magistralmente da Matteo Garrone, regista di una storia asciutta dai contorni precisi, evitando i toni melò e drammatizzazioni superflue alla rappresentazione. Ma la vera forza del film è il paesaggio urbano e architettonico , vero e proprio assemblaggio di sfaceli che sembrano privi di inizio, quasi paesaggi a loro modo "naturali", immanenti, come macerie prive di storia banalmente abitate e non vissute. E tra questi detriti, finalmente cinema!

08 giugno 2008

prove tecniche di destra-destra



"...Tutti coloro che commettono reati che «mettono in pericolo l' integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la sanità pubblica». Tra costoro, d' ora in avanti, potrebbero esserci anche le prostitute."

05 giugno 2008

the black one!


ok, dopo una lunghissima e noiosissima attesa (sapevamo da due mesi come sarebbe andata a finire) siamo al dunque, e adesso finalmente cominceremo a parlare anche del senatore McCain!

02 giugno 2008

attendo spiegazioni


Che cosa giustifica il fatto che esista un film come il Divo? La ripassata più o meno filologicamente corretta di cinquant'anni di potere incarnato in un uomo solo? L'icastica fisiognomica del potere nelle figure di Franco Evangelisti di Cirino Pomicino detto 'O ministro, del mitico Sbardella detto lo Squalo? Il ricordarci il percorso del redivivo protofascista Ciarrapico? Il repertorio di battute andreottiane che costituiscono la sceneggiatura dalla prima all'ultima inquadratura? Mah, difficile scrollarsi di dosso la fastidiosa caratterizzazione con cui Toni Servillo veste i panni del Divo, la fastidiosa sensazione di Bagaglino triste. Paolo Sorrentino vanta che il film non prende posizioni e lascia allo spettatore trarre le sue conclusioni: è questo il limite del film che non provoca, non rivela, non rileva, non fa incazzare, non aggiunge, non deforma non informa. Attendo spiegazioni.